I biostimolanti hanno le potenzialità per rendere l’agricoltura più produttiva e resiliente nei confronti dei cambiamenti climatici. Tuttavia non è sempre facile apprezzarne l’efficacia, per questo è fondamentale il ruolo degli sperimentatori di campo.
Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione di agricoltori e tecnici nei confronti dei prodotti biostimolanti. Si tratta di mezzi tecnici, normati dal Regolamento UE 2019/1009 sui fertilizzanti, che hanno diversi scopi, tra cui quelli di aiutare le piante a superare gli stress abiotici, ad esempio causati dei cambiamenti climatici, ottimizzare l’uso dei nutrienti e migliorare le caratteristiche qualitative delle derrate.
Nell’attuale situazione produttiva, in cui agli agricoltori vengono chiesti sforzi crescenti sul fronte della sostenibilità, ma al contempo aumentano i vincoli normativi e i cambiamenti climatici complicano la gestione agronomica, i biostimolanti possono giocare un ruolo importante nel mettere gli agricoltori nelle condizioni di produrre al meglio.
Ma cosa fanno esattamente i biostimolanti e come è possibile misurare la loro efficacia? Di tutto questo si è discusso durante un seminario organizzato da Agricola 2000 e dal Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Produzione, Territorio, Agroenergia (Disaa) dell’Università degli Studi di Milano nell’ambito di BIOSTIMOLA, un progetto finanziato da Regione Lombardia sulla base del Programma di Sviluppo Rurale (Psr) – Operazione 1.2.01, che ha come scopo proprio quello di indagare e far conoscere le potenzialità dei biostimolanti.
Articolo a cura di Tommaso Cinquemani
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